di Giulia Nucita, Chiara Colucci, Caterina Scardino, Giuseppe Lipari, Elisabetta Marra 

MESSINA. “Meglio informare che scoprire da soli”, e “i comportamenti delle persone dipendono anche dalle informazioni che hanno a disposizione”. Sono le parole di Amelia Rizzo, psicologa, intervistata dopo la conferenza “Opportunità e pericoli del web nell’era del metaverso”, che si è svolta al Palacultura il 14 marzo, per sensibilizzare studenti di scuole medie e superiori della città su come riconoscere, evitare e affrontare le conseguenze di comportamenti causati dalla mancata conoscenza delle dinamiche che regolano gli ambienti “oscuri” di internet e dei social media. Le challenge estreme, il dark web, la disinformazione, le fake news: sono solo alcuni dei temi affrontati durante la conferenza, a cui si deve far fronte quando ci si approccia al mondo virtuale.

 

 

“Credo molto nella prevenzione – spiega Amelia Rizzo – i comportamenti delle persone dipendono anche dalle informazioni che hanno a disposizione. Sulla base di queste possono mettere in atto comportamenti salutari o dannosi. Quindi parlare con voi per me era importante, perché le persone informate sono più consapevoli”. Di quali comportamenti dannosi parla la psicologa? Secondo il sito Skuola.net, tra i principali ci sono le challenge estreme che si possono trovare sui social network, specialmente su Tik Tok: la più recente è la cicatrice francese, precedentemente erano state segnalate la Blue Whale, la Blackout e la Skullbreaker. Le sfide o challenge sui social suscitano molto interesse tra i ragazzi. Come funzionano? Si incitano i giovani a compiere atti di “coraggio”, che spesso sfociano in autolesionismo e comportamenti pericolosi. “Quando pensiamo alle challenge ci vengono in mente solo quelle pericolose ed è naturale che un genitore si preoccupi per i propri figli – aggiunge la psicologa – Ma ne esistono molte carine, in cui si fanno dei passi di danza, si creano illusioni ottiche in un mix di creatività e tecnologia. Quello che mi auguro sempre è che i miei figli sappiano distinguere le challenge dannose da quelle ok”.

Un altro relatore della conferenza è stato il professore universitario Francesco Pira, un autore di libri che trattano di tematiche sui pericoli del web tra cui i social , challenge varie, videogiochi. Nel suo libro più recente, scritto nel 2021 dal titolo” Figli delle app”, Pira argomenta: “Questa generazione di preadolescenti e adolescenti ci mostra come la rivoluzione tecnologica sia ormai compiuta e che bambine e bambini, ragazze e ragazzi rappresentino a tutti gli effetti la prima generazione digitale della storia. La tecnologia è parte integrate delle loro vite”.

Ma qual è stato l’impatto effettivo delle challenge? Molto inferiore a quello riportato dai media, dove la situazione viene molto enfatizzata come è stato per il caso della Blue Whale, nota challenge che risale al 2016 nella quale l’obbiettivo è di eseguire delle sfide precedentemente raccomandate da un amministratore che comanda il singolo individuo. Le challenge vanno ad aumentare di difficoltà sempre di più, fino ad arrivare al completamento della sfida, che dura 50 giorni, al termine della quale, nelle circostanze più estreme, si arriva anche al suicidio. E proprio questo è il tema di cui si è parlato nei vari tv show e social media, che hanno enfatizzato le circostanze, parlando di numerose vittime quando in realtà  se ne sono registrate solo 3 in tutto il mondo. Questa falsa informazione ha provocato molto scalpore nell’opinione pubblica.

Un’altra challenge molto famosa è la “Skullbreaker”, una sorta di competizione che provoca danni al cranio. La sfida è partita dall’America del sud, dove sono circolati tanti video. Il primo caso è stato registrato il 12 febbraio del 2020, al liceo “Erique Tejera”, dove la vittima, Kerlis, è stata ritrovata a terra con lesioni alla testa. Inoltre è stata creata una seconda forma della challenge, che consiste nel fare cadere la vittima a testa in giù, chiamata “rompe boca”, in spagnolo. In questo caso non ci sono stati morti ma danni molto gravi.

Tali informazioni sono state reperite dal sito Open.it.